Il fuoco della vendetta

Sull’odio e sullo spirito di vendetta vince l’amore. Proprio quell’amore che già sul nascere sembrava rompere il tranquillo vivere tra i parentadi degli agricoltori e degli allevatori. Crispu e Siriana superano ogni diffidenza, ogni sospetto e ogni spirito di rivalsa fra loro e conducono a sentimenti più miti persino gran parte dei parenti. E quando il villaggio è condannato a morte da un atto insano di vendetta, ecco che le nozze fra i due giovani offrono l’occasione solenne di una pacificazione generale tra contadini e allevatori, e Bidussà rivive assorbita dal paese nascente di Esule. Lo sviluppo drammatico dell’azione, che coinvolge in un conflitto mortale i due parentadi dei contadini e dei pastori, ha per teatro l’altipiano di Bidussà, le sue valli e convalli, i suoi corsi d’acqua, i suoi monti. Regolato dai sentimenti forti dell’odio e dell’amore, il modo di vivere di una lunga serie di personaggi non conosce vie di mezzo e porta a un succedersi di situazioni sempre nuove e imprevedibili, catturando l’attenzione del lettore della prima pagina all’ultima. Infatti il romanzo porta d’un fiato il lettore nel cuore della Barbagia medievale, quando l’abitato di Esule si andava formando come villa capace di attrarre dal territorio circostante i piccoli stanziamenti sparsi, i quali sentivano l’urgenza di rompere l’isolamento e di cercare protezione esplicita e concreta sotto la legge del Giudice degli Arborea e della Chiesa Arborense, lasciandosi assorbire dai centri già affermati. Una riflessione a parte merita l’accostamento del nuraghe alla chiesetta di San Pietro, quasi a testimoniare l’effettivo succedersi della cultura cristiana a quella nuragica, e al persistere nel vivere quotidiano di un substrato culturale ancora pagano, ma vivo e vitale.